Gibellina Nuova sorge a una ventina di chilometri dall' insediamento originario distrutto dal terremoto del Belice del 1968.
Per la ricostruzione furono chiamati artisti e architetti di fama mondiale che proposero idee innovative sia dal punto di vista architettonico che urbanistico.
Questo ha reso Gibellina un museo a cielo aperto, in cui le opere d'arte sono sparse in tutto il paese.
Nelle intenzioni di chi progettò la ricostruzione, il nuovo centro urbano doveva favorire l'occupazione e la socializzazione degli abitanti. Però i ritardi nei lavori, dovuti alla mancanza di stanziamenti economici, oltre ad aver causato una forte emigrazione, non hanno raggiunto gli obiettivi che i progettisti avevano auspicato. Basti dire che le ultime baracche (con i tetti in eternit) montate nel post terremoto sono state dismesse solo nel 2006. Non tutto è stato ultimato, mentre alcune strutture sono fatiscenti, non avendo ricevuto la manutenzione necessaria.
Da visitatori si ha l'impressione di attraversare un'opera incompiuta. I residenti, anche chi nel 1968 non era nato, parlano di un' occasione persa. Un paese concepito con abitazioni che danno su due vie, una per le auto e una pedonale come fosse un lungo cortile, con un centro civico, con un teatro (non ultimato), sculture, sperimentazioni architettoniche, ecc. avrebbe dovuto essere un posto in cui si potesse vivere bene dopo anni i lunghi passati nelle baracche e una meta turistico culturale. Purtroppo tutto ciò non si è realizzato, nonstante gli sforzi di molti residenti e intellettuali.
Camminare per Gibellina vuol dire essere costantemente attorniati da opere d'arte: il duomo, la casa del farmacista, il meeting, il sistema delle piazze e molto altro. Sculture e edifici pensati per proporre un'idea di città museo.
Poco fuori dal centro abitato si trova il Baglio Di Stefano, sede del Museo delle Trame Mediterranee e in cui si può ammirare la "Montagna di sale" di Mimmo Palladino.
E' anche sede della Fondazione Orestiadi che organizza ogni estate un festival di teatro, cinema, musica, pittura, scultura.
Periodicamente si svolge il Gibellina PhotoRoad, festival di fotografia che si tiene all'aperto.
Il paese originario, Gibellina Vecchia, rimase un cumulo di macerie abbandonate fino al 1984, quando per opera dell'artista Alberto Burri, le macerie vennero compattate e coperte col cemento. Un imponente monumento di circa 80.000 mq, fenditure nel cemento che ricalcano le vie del paese che prese il nome di Grande Cretto, conosciuto anche come Cretto di Burri.
Arrivando in auto lo si vede già da lontano, rimanendo abbagliati dal bianco ma soprattutto scioccati al pensiero che quello che fu un paese, ora è una sorta di labirinto di macerie coperte alte non più di tre metri. Ma ancora più angosciante è camminare all' interno.
Poco lontano rimane qualche rudere di alcune vecchie abitazioni.
Agosto 2016